Santuario di Esculapio

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Il Santuario di Esculapio, portato in luce da Gennaro Pesce negli anni Cinquanta del secolo scorso, è situato all’estremità meridionale della penisola di Nora, sul promontorio noto con il nome locale di Sa Punta ’e su Coloru (“la punta del serpente”) o con la denominazione geografica di Capo di Pula. Il complesso edilizio attualmente visibile, risalente all’età romana, sorge all’interno di un’area sacra di remota origine punica, in un contesto di grande impatto scenografico a picco sul mare; vi si giunge al termine di una lunga strada lastricata, ora interrotta nel suo tratto finale.

Alla fase punica del santuario appartengono varie strutture ancora in parte riconoscibili nonostante gli interventi di età romana. Ne sono testimonianza il muro in blocchi di arenite visibile lungo il perimetrale orientale del tempio e, sul lato opposto, il basamento di un’edicola sacra (ma’abed; A) alla quale apparteneva l’architrave decorato con serpenti urei e disco solare alato che si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari (V sec. a.C.). All’epoca, diversamente da quanto attestato in seguito, l’accesso all’area sacra avveniva dalla parte del mare.
Una successiva fase di frequentazione in età romana repubblicana, che chiarisce la dedica e la funzione del santuario, si data al II sec. a.C. grazie al ritrovamento di un interessante deposito votivo composto da sei statue in terracotta esposte nello stesso Museo di Cagliari: le quattro più piccole raffigurano degli offerenti; le altre ritraggono dei dormienti nudi, uno dei quali avvolto tra le spire di un serpente, l’animale sacro al dio della medicina Asclepio/Esculapio (il punico Eshmun). I dormienti sono stati interpretati come devoti intenti nel rituale terapeutico dell’incubazione che veniva praticato nei luoghi di culto della divinità guaritrice, che si credeva provvedesse a curare i malati nel sonno.
In età romana imperiale avanzata, tra il III e il IV sec. d.C., il santuario fu monumentalizzato mantenendo una disposizione su più livelli. Il primo, raggiungibile da nord attraverso una gradinata oggi perduta, è costituito da una corte mosaicata (B) con un riquadro centrale (émblema); verso ovest si trova una serie di stanzette allineate, i cui muri appaiono realizzati con materiali di recupero provenienti da edifici più antichi. Una breve gradinata in asse con la precedente conduce al pronao (C) del tempio vero e proprio; da qui una grande soglia dà accesso alla cella (D). Di questo ambiente, che costituisce lo spazio principale dell’edificio sacro, si conservano parte dei muri in blocchetti arenitici e la preparazione del pavimento in marmo (opus sectile). Due aperture sulla parete di fondo permettono di raggiungere il vano più interno, il penetrale absidato, suddiviso in due parti (E, F) da una struttura intermedia.

Fotografie storiche

Fotografie delle strutture archeologiche

Fotografie dei materiali archeologici

Tour virtuale (ingresso monumentale)

 
 

Tour virtuale (corte)

 
 

Tour virtuale (cella)

 
 

Viste ricostruttive

Per saperne di più

  • Pesce G., Un “ma’abed” a Nora, in “Studi Sardi”, XII-XIII, 1952-1954, pp. 475-482.
  • Pesce G., Due statue scoperte a Nora, in Studi in onore di Aristide Calderini e Roberto Paribeni, III, Studi di archeologia e di Storia dell’arte antica, Milano 1956, pp. 289-304.
  • Pesce G., Nora. Guida agli scavi, Cagliari 19722, pp. 89-100, nn. XXIII-XXIV.
  • Chiera G., Testimonianze su Nora, Roma 1978, pp. 45-49, 67.
  • Angiolillo S., Mosaici antichi in Italia. Sardinia, Roma 1981, pp. 38-40.
  • Tronchetti C., Nora, Sassari 20012, pp. 63-68, nn. 26-27.
  • Bondì S.F., Nora II. Ricerche puniche 1992, in “Quaderni della Soprintendenza archeologica per le Province di Cagliari e Oristano”, 10, 1993, pp. 115-128.
  • Ghiotto A.R., L’architettura romana nelle città della Sardegna, Roma 2004, pp. 37-38, 47-48.
  • Oggiano I., Lo spazio sacro a Nora, in Atti del V Congresso internazionale di Studi fenici e punici (Marsala-Palermo, 2-8 ottobre 2000), a cura di A. Spanò Giammellaro, Palermo 2005, pp. 1029-1044.
  • Tomei D., Gli edifici sacri della Sardegna romana: problemi di lettura e di interpretazione, Ortacesus 2008, pp. 180-198, 216-217.