La città sorge su una penisola di circa 20 ettari che, rimodellata nei secoli dell’innalzamento del livello marino e dai fenomeni erosivi, risulta oggi collegata alla terraferma da uno stretto lembo di terra.
Nora, grazie alla sua posizione geografica privilegiata nell’ambito della rete commerciale del Mediterraneo antico, venne frequentata sin dall’età fenicia (VIII-VI sec. a.C.) e visse un considerevole sviluppo nel corso della fase punica (V-II sec. a.C.). Entrata con il II sec. a.C. nell’orbita politica di Roma, la città ebbe una prima fase di fioritura nella seconda metà del I sec. a.C., quando, divenne municipium, ma il momento di massima vitalità fu tra la fine del II sec. d.C. ed il secolo successivo: a partire dall’età severiana, la città assunse il suo definitivo assetto urbanistico, con la costruzione di buona parte dei monumenti che ancora oggi la caratterizzano.
Abbandonata definitivamente in età medievale, Nora non fu mai completamente sepolta e le sue rovine, note già all’erudito cinquecentesco Giovanni Fara, vennero visitate da vari studiosi del XIX sec., fra cui Alberto La Marmora e il canonico Giovanni Spano, che effettuò anche alcuni limitati scavi.
I primi interventi archeologici su larga scala si devono a François Vivanet, che, a seguito di una forte mareggiata nell’inverno del 1889, ebbe modo di individuare una parte del tophet punico. Poco dopo, nel biennio 1891-1892, Filippo Nissardi indagò approfonditamente il sepolcreto a camera di età punica, mentre all’inizio del XX sec., Giovanni Patroni effettuò una serie di sondaggi, fra cui si ricordano quelli presso l’istmo, in corrispondenza della necropoli e dell’anfiteatro romano, e presso il cosiddetto tempio di Tanit.
Fu però solo nel 1952 che l’allora soprintendente Gennaro Pesce, in occasione di una rappresentazione teatrale tra le rovine del sito e con il preciso intento di favorirne la valorizzazione turistica, riportò alla luce una parte consistente dei monumenti che costituivano la città romana di Nora. Vennero scavati oltre 3 ettari del settore centrale dell’abitato, ma le ricerche si arrestarono dopo pochi anni, senza aver raggiunto i livelli più antichi e senza aver fornito affidabili ricostruzioni dell’evoluzione diacronica dell’insediamento.
Nel 1977, dunque, sotto la direzione di Carlo Tronchetti, vennero condotte nuove indagini secondo i criteri dell’archeologia stratigrafica presso il complesso delle Terme a Mare. Alcuni anni dopo, nel 1990, una nuova stagione di scavi ebbe inizio, allorché la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano inaugurò la Missione Archeologica tuttora in corso, affidata ad alcuni dei maggiori Atenei italiani, al fine di approfondire le conoscenze relative alla città antica e di garantire una migliore fruibilità del sito.